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CASO SCIERI: PARLA IL GENERALE MARCO BERTOLINI CHE COMANDO’ IL CAPAR SUBITO DOPO L’EVENTO

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Il Generale di C.A. Marco Bertolini interviene da conoscitore dei fatti, sul “caso Scieri”, dopo la notizia della riapertura della inchiesta da parte della commissione ministeriale e della Procura di Pisa. Ha divulgato l’articolo tramite l’autorevole testata Analisi Difesa e noi in seconda battuta
Nota : le sottolineature in neretto sono opera della nostra redazione e non dell’Autore.-

IL PASSATO CHE NON PASSA. IL CASO SCIERI
di Marco Bertolini
E’ notizia di questi giorni che la Commissione Parlamentare costituita per decisione del Presidente della Camera sul “caso Scieri”, l’allievo paracadutista morto presso il CAPAR di Pisa 17 anni fa in circostanze non chiare, ha finito i suoi lavori con la decisione di riaprire le indagini sul terribile evento.

E’ una decisione maturata a grande distanza dal fatto, quando è facile sollevare altra polvere (o lasciarsi dalla stessa ingannare) e dimostrare l’indifendibilità della Folgore. Un altro processo alla Grande Unità, quindi, per la gioia degli orfani dello “scandalo Somalia” col quale non si era completata l’opera di trasformare in male tutto il bene che i paracadutisti italiani avevano fatto in quella indimenticabile terra.

Vi aleggerà il convincimento di una Brigata nella quale era forse normale “l’esibizione muscolare di prepotenza”, per usare le parole del Ministro della Difesa nel suo indirizzo all’inizio dei lavori, a differenza di quanto avverrebbe oggi, in una Folgore finalmente rieducata e virtuosa, avvilendone ancora una volta il personale ed infangandone l’onore.

I Capi di Stato Maggiore dell’Esercito e della Difesa di allora sono ormai fuori gioco, e quelli attuali sono troppo presi con le inedite difficoltà odierne delle F.A. e troppo all’oscuro dei fatti per entrare nel merito di quello che successe allora, un dramma che colpì anche i componenti della Folgore oltre ai familiari del ragazzo.

Cercherò, quindi, di far sentire la mia modestissima voce di testimone da un osservatorio privilegiato nei due anni che seguirono quei fatti, nella consapevolezza che è comunque inutile contrastare la vulgata circa una Folgore “cattiva”. Ma i paracadutisti non hanno paura di combattere battaglie perse in partenza.

Nell’estate del 1999 ho assunto il comando del CEAPAR, quello che una volta era conosciuto come la SMIPAR o “la Scuola”, in una Caserma Gamerra che si vedeva improvvisamente trasformata in una trincea per gli attacchi furibondi ai quali era sottoposta.

Subentravo infatti al mio predecessore (il generale Cirneco) in un clima pesantissimo di accerchiamento nel quale sembrava che il futuro stesso della Specialità fosse in discussione. Tutti ci davano lezioni: politici, giornalisti, opinionisti, accavallatrici di gambe da talk-show e anche qualche nostro ex, che dal comodo PC di casa propria ci ”cazziava” per l’arrendevolezza di fronte alle critiche, per l’erba alta in caserma, perché non eravamo tosti come ai suoi tempi, per la caserma vuota nei fine settimana, perché eravamo carrieristi e non puri e duri come lui e così via. Ma tantissimi, soprattutto, non ci fecero mancare il loro supporto morale. Se non altro, sappiamo chi ringraziare e chi dimenticare.

Venendo al dunque, c’è innanzitutto da dare uno sguardo al contesto generale dell’epoca nella quale il fatto si inquadrava.

Dal Libano (1981-83) al successivo impiego dell’Esercito e quindi della Brigata fuori area (Nord Iraq, 1992) passò circa un decennio caratterizzato da un crescente interesse dei media nei confronti della realtà militare. Tale interesse venne ulteriormente enfatizzato con le operazioni in Somalia (1992-1994) e nei Balcani (dal 1996), nelle quali la Folgore recitò costantemente un ruolo di primissimo piano. Ciò nonostante, continuava a sussistere uno “zoccolo duro” pregiudizialmente ostile alla militarità in generale ed ai paracadutisti in particolare. Anzi, la maggiore visibilità che questi ottennero come conseguenza dei loro interventi in operazioni parve spingere ad una maggiore ostilità nei loro confronti da parte di questi quattro gatti rumorosissimi, favorita anche dalla comparsa all’onore delle cronache del fenomeno del nonnismo.

Improvvisamente, infatti, quel fenomeno vecchio di secoli – caratteristico in forme diverse di tutte le comunità giovanili – si prestò benissimo a circondare le Forze Armate e l’Esercito in particolare di un’aura torbida che seduceva l’opinione pubblica, indebolendo così le residue resistenze di chi cercava di opporsi ai tantissimi nemici del servizio militare obbligatorio.

Quindi, da fenomeno di devianza marginale e circoscritto alla truppa fu facile estenderlo, nel distratto e drogato immaginario collettivo, a tutta la realtà militare (inclusi i Quadri), quasi fosse caratteristico dell’Istituzione in sè, funzionale alla sua stessa operatività. Divenne, in breve, una vera e propria categoria dell’essere, espressione di un Male Assoluto che non era corretto discutere e, a maggior ragione, negare.

Venne così l’epoca delle “caserme aperte” nel disperato tentativo di far capire che i militari erano – in fin dei conti – esseri umani come gli altri e non brutali prevaricatori. Basta, quindi, con il “facite ‘a faccia feroce” del passato e, al fine di guadagnare i favori di una società che si percepiva lontana e distaccata, alle ortiche la marzialità!, via i pennacchi!, bando agli ottoni! e, soprattutto, nascondete le armi!

Furono gli anni degli Ufficiali processati e condannati per intemperanze verbali, i cosiddetti “cazziatoni”, che continuavano ad essere tranquillamente accettate in moltissimi altri ambienti lavorativi. Fu il periodo della messa alla berlina e della pubblica umiliazione di molti Comandanti, rei soltanto di essere esigenti nei confronti dei propri dipendenti e di pretendere la giusta applicazione e disciplina.

In un reparto del 5°Corpo d’Armata, un Comandante di battaglione si sentì addirittura spinto al suicidio, nel disperato tentativo di sottrarre se stesso, la sua famiglia ed il suo battaglione alla pressione alla quale erano stati sottoposti da parte dei media e dei propri superiori, militari e politici. Lo si accusava, infatti, del grave crimine di aver voluto far effettuare una marcetta di qualche chilometro ai propri soldatini, alcuni dei quali vennero attaccati, come conseguenza, dal terribile “morbo del fante”, la famigerata “bolla” (!!!) sulle delicatissime epidermidi dei piedini. Ovvio che con i paracadutisti, con queste argomentazioni, era come andare a nozze!

Come non riconoscere, infatti, che soldati così eccentrici rispetto alla norma, per di più rassegnati alle bolle ai piedi, non dovessero per forza essere anche campioni nella pratica del nonnismo, appunto? Il fatto stesso che facessero leva sul coraggio personale e fisico nella selezione ed addestramento individuale suonava stonato e sospetto in una società che a queste caratteristiche voleva rinunciare a priori, negando ogni dignità alle classiche virtù militari che continuano invece ad essere oggetto di ammirazione in tutto il resto del globo (e che i nostri giovani continuano ad ammirare negli altri: potenza del provincialismo!).

Il soldato italiano, insomma, non poteva essere coraggioso e non doveva neanche provare ad emanciparsi da una supposta cialtronaggine elevata addirittura a valore aggiunto nazionale, da rivendicare. Che si accontentasse, invece, di trovare la sua più calzante rappresentazione nei militari arruffoni, meschini, furbastri e privi di scrupoli messi in scena dalla nostra cinematografia del dopoguerra; nessun Paese si è saputo fare del male come il nostro, in questo campo.

Quindi, eccola la spiegazione! I paracadutisti italiani sono tali non perché coraggiosi (e come potrebbero esserlo?) ma perché costretti con ogni mezzo, lecito ed illecito, da superiori privi di scrupoli. E, tra i mezzi illeciti, come non comprendere il nonnismo, pratica abbietta ed incivile, per spingere con le cattive i riluttanti a fare quello che con le buone non accetterebbero mai?

Era un teorema facile da sostenere e in quegli anni la Folgore, costantemente all’onore delle cronache per quello che faceva in operazioni, si confermava all’onore di altre cronache in guarnigione, per l’esclusiva che le veniva attribuita su un malvezzo che invece era come minimo condiviso dagli altri. Come minimo! Ma gli altri non “tiravano”.

Come reazione, si decise ingenuamente di non negare mai le accuse di nonnismo e di perseguire col massimo rigore ogni comportamento e ogni segno che, ancorchè superficialmente, potesse essere utilizzato quale prova dello stesso, anche se con lo stesso non aveva niente a che fare. D’altronde, i media che creavano l’opinone pubblica andavano per le spicce, e con essi non c’erano argomentazioni che tenessero, al di fuori della tesi voluta.

In questo contesto culturale si colloca quindi il “caso” Emanuele Scieri nel 1999. A ferragosto di quell’anno, infatti, un militare appena arrivato al CEAPAR venne trovato morto il lunedì mattina, oltre due giorni dopo la sua scomparsa all’interno della caserma Gamerra, in un’area di accumulo di materiali fuori uso. Verosimilmente, era caduto da una scaletta della Torre di Asciugamento dei paracadute sulla quale si doveva essere arrampicato per motivi non chiari. Sia l’evento in sé che l’inaccettabile ritardo della sua scoperta innescarono una situazione difficilissima da gestire che coinvolgeva tutto il personale della Gamerra, a prescindere da grado e ruolo.

La vittima era un aspirante paracadutista arrivato il giorno stesso in Caserma dal precedente reparto Addestramento Reclute di Firenze. Era un giovane siciliano, già laureato in legge, che aveva scelto di prestare il suo servizio militare nei paracadutisti dando ascolto al suo generosissimo carattere che lo aveva già spinto anche da studente ad avvicinarsi alla militanza politica.

Da quanto emerso dalle indagini successive, il giovane, dopo essere stato regolarmente in libera uscita nella sua nuova sede di Pisa il venerdì sera (13 agosto) con alcuni commilitoni, si appartò all’interno della Caserma quasi vuota per le licenze estive, pare per una telefonata, e da allora non se ne seppe più nulla fino al lunedì mattina (16 agosto), quando il suo cadavere venne casualmente trovato da due militari di corvée, alla base di una scala metallica dalla quale era evidentemente caduto.

Il caso mediatico, ovviamente, scattò subito.

A nulla valsero le prime ipotesi fatte dalla Magistratura e che sembravano escludere il fenomeno del nonnismo tra le cause dell’evento. I giornali, come precedentemente avvenuto in altre occasioni, avevano però già “capito tutto” e spararono i loro corrispondenti a Pisa ad indagare.

Davanti alla “Gamerra” si stabilì così un vero e proprio “villaggio” di caravan dai quali giornalisti di tutte le testate, e di tutti gli orientamenti politici, mandavano giornalmente i loro resoconti alle rispettive redazioni, per il sollazzo della sudaticcia opinione pubblica nazionale, stesa ad arrostire sulle spiagge ferragostane. Praticamente tutti i militari della caserma vennero fermati ed intervistati ripetutamente, alla spasmodica ricerca di qualche elemento che potesse confermare la tesi voluta.

Di fatto, tale azione si trasformò in una fortissima pressione psicologica anche nei confronti della linea di comando dell’unità, che si trovò a fronteggiare contemporaneamente la necessità di fornire la massima collaborazione alla Magistratura senza però adottare atteggiamenti di chiusura nei confronti dei media che sarebbero stati interpretati sicuramente come un’assurda ma credibile ammissione di colpa.

Era facile, in un contesto del genere, fare qualche passo falso, così come era facile cedere alla tentazione di tentare di superare il problema con un atto analogo a quanto già fatto in precedenza, tagliando qualche testa, a prescindere da colpe e responsabilità.

E fu questo, appunto, quello che fu fatto, rimuovendo dall’incarico l’incolpevole Comandante del CEAPAR (generale Cirneco) ed il suo ottimo Vice (colonnello.Corradi), per quanto fosse chiaro che nulla avevano a che fare con il fatto né con il fenomeno che si supponeva all’origine del decesso e, anzi, fossero stati molto attivi, in precedenza, per contrastare e reprimere gli atti di prevaricazione tra militari.

Per questo e a questo punto entro in campo io.

Purtroppo, come noto, la pressione nei confronti del CEAPAR non scemò e, fino a settembre inoltrato, epoca nella quale i giornali tornano sulle più succose questioni della politica nazionale risorta dopo le “fatiche balneari”, per un lungo periodo tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali riportarono le cronache, le ipotesi, le “rivelazioni” e i pettegolezzi del caso.

Relativamente alle “indagini giornalistiche”, la fantasia si insediò prepotentemente al potere e fioccarono le ipotesi e congetture più assurde, spesso spacciate come verità di fede. La tesi che praticamente tutti i media cercarono di accreditare, tralasciando di perorrere altre strade che probabilmente interessavano meno, fu quella di un atto di nonnismo sfuggito al controllo ed andato al di là delle intenzioni.

Tale atto, per questa tesi accusatoria, doveva essere una ritorsione nei confronti dell’allievo paracadutista Scieri colpevole di avere tenuto testa agli anziani durante il trasferimento in autobus da Firenze a Pisa. Secondo alcune voci, infatti, in tale occasione alcuni graduati avrebbero deciso di tenere i finestrini del mezzo chiusi ed il basco indossato, nonostante fosse agosto, comportandosi come la classica moglie che per fare dispetto al marito …. : negli stessi accaldatissimi autobus, infatti, viaggiavano pure loro. La tesi era piuttosto stiracchiata ma piacque moltissimo ai “lettori” e, per quanto i riscontri ne lasciassero trasparire l’inconsistenza o quantomeno l’esagerazione, fu considerata credibile.

Vennero, così, tentati collegamenti disparati e disperati con fatti degli anni precedenti, pescando senza scrupoli in tutta la casistica dei luoghi comuni più triti e si cercò di accreditare l’idea che la località nella quale venne trovato il cadavere del povero ragazzo fosse nota, nel passato, quale usuale teatro di atti di nonnismo ripetuti e violenti.

A pochi, al contrario, interessò il fatto che tale area non era stata da anni interessata ad atti del genere, sottraendola quindi automaticamente a quella che era la logica di tali azioni, basate sulla ieratica e quasi “liturgica” ripetitività di gesti e luoghi.

Quando il caso cominciò a scemare nell’interesse dell’opinione pubblica, venne adottato un espediente che, benché non avesse nulla a che fare con il fatto in sè, poteva servire a sollevare altre ondate di indignazione nei confronti dei paracadutisti. Il riferimento è al cosiddetto “Zibaldone”, una ingenua ed inopportuna raccolta di amenità varie utilizzata strumentalmente dai media per attaccare in prima persona il Comandante della Folgore, il generale Celentano, che come pochi si era impegnato nel contrasto di quel malcostume.

Si riproponeva, insomma, lo stesso modello applicato con successo con lo “scandalo Somalia” quando per riavvivare l’attenzione dei lettori stanchi delle cinque settimane filate di copertine monotematiche, si allegò a Panorama, il settimanale autore di quello scoop, una videocassetta priva di fatti rilevanti ma sufficiente a riaccendere l’antipatia verso i cattivissimi paracadutisti italiani. Se si fosse trattato di una “fiction” e non della tragica e “vera” morte di un generoso giovane in circostanze sconosciute, ci sarebbe stato quindi da ridere del paradosso o da aprire un interessante “case study” per qualche Facoltà di Scienze delle Comunicazioni. Ma tant’è, e il gioco al massacro continuò indisturbato.

Intanto, i mesi passavano senza sostanziali novità! Di fronte a questo silenzio, quindi, ci fu chi non trovò di meglio che insinuare l’esistenza di pressioni che il Comando del CEAPAR avrebbe esercitato nei confronti dei militari al fine di far loro tacere quanto sapevano (la solita, vecchia, consolante storia dell’omertà dei paracadutisti).

Tanti, di conseguenza, attendevano con ansia il congedamento dei commilitoni di Scieri, nella certezza che, una volta alla larga dalle grinfie dei loro superiori, avrebbero detto quello che effettivamente sapevano, scoprendo il Vaso di Pandora delle bestialità folgorine.

Invece, niente! I ragazzi lasciarono il servizio e la Caserma dimostrando la stessa emozione e commozione di quanti li avevano preceduti e di quelli (pochi, ormai) che li avrebbero seguiti. Quando, la mattina dell’ultimo alzabandiera sfilarono impettiti davanti al Comandante, dopo avere lasciato un mazzo di fiori anche sul luogo in cui Scieri era morto, tradirono chiaramente la nostalgia incipiente per la vita che stavano lasciando definitivamente e non mancarono di esprimere il solito e benedetto affetto per chi restava, commilitoni e superiori.

Di rivelazioni che confermassero la tesi fortemente voluta da tutti, invece, nessuna traccia, anche anni dopo il fatto, nonostante che il CEAPAR fosse stato tenuto a lungo sotto la lente d’ingrandimento della Magistratura Militare e Ordinaria, fosse stato oggetto di ripetute ispezioni ed indagini delle Forze dell’Ordine, nonché meta di visite di Commissioni parlamentari e parlamentari isolati.

In quel periodo, la Gamerra fu anche palestra di un interessante “spirito bipartisan” tra forze politiche contrapposte. Parlamentari dell’opposizione di allora, tra cui una futura Ministro del successivo Governo di centro destra, non ebbero problemi a farsi scortare in corteo dal centro di Pisa alla Gamerra da un folto gruppo di appartenenti ad un Centro Sociale cittadino con un largo striscione riportante “Omertà: roba da conigli” ed il disegno di un coniglio con un basco amaranto in testa.

Dalla compagnia di quei “disobbedienti” per vocazione, gli onorevoli non vennero messi assolutamente in imbarazzo. Non si dissociarono, non si allontanarono, non li allontanarono, sfilarono senza esitazioni con loro per la stessa strada. Entrati in Caserma, espressero il loro sdegno con le parole, con il broncio, con gli scuotimenti rassegnati della testolina. Non sentirono ragioni (né loro né i disobbedienti) e se ne andarono con l’aria schifata e con la certezza di averci dato una lezione di civiltà.

E’ da rimarcare come la stessa parlamentare sopracitata, da accusatrice di quei giorni si sia successivamente riciclata nell’ambito della commissione parlamentare, autorizzando quindi più di qualche dubbio sulla terzietà di quest’ultima.

Poco dopo questi avvenimenti la leva obbligatoria venne abolita con un provvedimento politico trasversale ai due schieramenti, con una coincidenza che desta qualche sospetto. In altre parole, la Repubblica italiana ha voluto emanciparsi dalla coscrizione obbligatoria per avere, col professionismo, maggiore efficienza, o ha semplicemente sperato in uno strumento più contratto, nell’illusione che costasse di meno? A vedere l’andamento dei finanziamenti per la Difesa in questi ultimi anni, paragonati a quelli degli altri Paesi e tenuto conto del nostro pesante impegno in molte operazioni “fuori area”, la risposta sembrerebbe scontata. Ma forse mi sbaglio.

In ogni caso, con la fine della leva tantissimi fustigatori a tempo pieno delle “perversioni” militari sono rimasti a bocca asciutta e il nonnismo è sparito velocemente dall’orizzonte, fatto salvo qualche sporadico ed ignorato ritorno di fiamma.

Paradossalmente, invece, la trasposizione in ambito “civile” del nonnismo è balzato successivamente agli onori della cronaca con il frequente riproporsi di episodi di “bullismo” nelle scuole dello Stato, dove irrefrenabili adolescenti minacciano e molestano altri compagni di classe incapaci di difendersi o, addirittura, impotenti e spaventatissimi insegnanti.

Questa circostanza la dice lunga sulla veridicità dell’equazione sostenuta da molti sedicenti intellettuali del passato, ma ancora pericolosamente in attività, che vedevano nell’anno di servizio militare un periodo di regressione educativa durante il quale il santarellino diventava un animale. E’ vero, magari, esattamente il contrario e c’è da chiedersi allarmati cosa ne sarà dei cittadini del domani, privati di quella scuola di uguaglianza, di educazione e di tolleranza che la vita in uniforme assicurava ai loro fratelli maggiori. Ma, a pensarci bene, ne stiamo già vedendo gli effetti.


I CARABINIERI FESTEGGIANO IL 99mo COMPLEANNO DEL LORO LEONE PARACADUTISTA REDUCE DELLA GUERRA D’AFRICA

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LA NUOVA SARDEGNA
del 28 Settembre 2017

Il carabiniere Luigi a 99 anni racconta la guerra d’Africa
Osilo e l’Arma onorano il paracadutista che salvò i compagni L’ex militare è uno dei due reduci viventi di Eluet El Asel
di Mario Bonu

OSILO. Ci sarà un grande raduno delle Associazioni d’Arma dei carabinieri, domani (oggi venerdì per chi legge , ndr) a Osilo, per rendere gli onori a Luigi Solinas, classe 1918, reduce del 1° Battaglione carabinieri reali paracadutisti, che nel 1941, in occasione del secondo conflitto mondiale, si rese protagonista della battaglia di Eluet El Asel, per la quale la bandiera di guerra dell’Arma dei carabinieri è stata insignita della medaglia d’argento al valor militare.

Luigi Solinas è attualmente in Italia uno degli unici due reduci viventi di quella battaglia. L’altro è Giuseppe Palagi, 102 anni, di Capannori in provincia di Lucca, cui i carabinieri hanno reso omaggio lo scorso 30 aprile. La manifestazione di Osilo è organizzata dal gruppo “Esse quam videri”, composto da ex appartenenti al Battaglione carabinieri paracadutisti “Tuscania”, con la collaborazione del Comune.

Il programma prevede, dalle 9,30 alle 10,30, il raduno degli ex appartenenti ai carabinieri paracadutisti Tuscania e delle Associazioni d’Arma, presso la caserma dei carabinieri di Osilo. Per le 10.45 è previsto l’arrivo nella chiesa parrocchiale dell’Immacolata Concezione del “Reduce carabiniere reale paracadutista” Luigi Solinas, dei familiari e delle autorità militari e civili. Alle 11 verrà celebrata la messa per commemorare il patrono dei paracadutisti San Michele Arcangelo, e rendere gli onori al paracadutista osilese. Al termine, sono previsti gli interventi del sindaco di Osilo o di un suo delegato, del generale di Brigata Paolo Nardone, comandante della Legione Sardegna; e del generale Michele Tunzi, che ricorderanno le gesta eroiche del reduce Luigi Solinas, con cenni a riferimenti storici. Dopo gli interventi, al reduce sarà donato il libro “Storia”, che racconta e illustra gli eventi più significativi dei Carabinieri paracadutisti dal 1940, anno di nascita del Corpo, al 1996 quando il 1° Battaglione è stato elevato a Comando Reggimento. Seguirà un piccolo rinfresco.

La battaglia di Eluet El Asel fu uno scontro minore della più ampia campagna del Nord Africa della seconda guerra mondiale, condotta dalle truppe di Hitler e Mussolini. Il 19 dicembre 1941, quattrocento Carabinieri Reali paracadutisti furono chiamati a istituire un caposaldo in quella località per proteggere la ritirata delle truppe italo-tedesche dell’Afrika Korps. La gran parte dei carabinieri, dopo aspri combattimenti con gli inglesi, ricevette l’ordine di ripiegare,

mentre sul posto rimasero tre plotoni per complessivi 40 uomini, per proteggere la ritirata dei commilitoni. Di questi, dopo violentissimi scontri, solamente 23 sopravvissero, consentendo però il ripiegamento. Fra di essi, Luigi Solinas, protagonista delle celebrazioni di domani.

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28 settembre 2017

SAN MICHELE E GLI ARCANGELI: QUALE E’ LA LORO MISSIONE

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San Michele e gli Arcangeli, ecco qual è la loro missione

Nella tradizione cristiana è colui che combatte e sconfigge Satana. Ecco perché il Santo è stato proclamato protettore delle forze dell’ordine da Pio XII nel 1949 in omaggio alla “lotta” che il poliziotto combatte tutti i giorni al servizio dei cittadini. Nello stesso giorno la Chiesa festeggia anche gli Arcangeli Raffaele, soccorritore, e Gabriele, annunciatore. Giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente

29/09/2017

di Antonio Sanfrancesco

La Chiesa cattolica lo festeggia il 29 settembre insieme agli arcangeli Gabriele e Raffaele. Il suo nome in ebraico “Mi-ka-El” significa: “Chi come Dio?”. Nell’iconografia sia orientale che occidentale San Michele Arcangelo viene rappresentato, infatti, come un combattente, con la spada o la lancia nella mano e sotto i suoi piedi il dragone, simbolo di Satana, sconfitto in battaglia.

Santo popolarissimo e molto venerato non solo in Italia, di lui si parla nel capitolo XII del Libro dell’ Apocalisse dove l’ Arcangelo è presentato come avversario del demonio e vincitore dell’ultima battaglia contro Satana e i suoi sostenitori: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago (…) Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli».
Michele, capo degli angeli, dapprima accanto a Lucifero (Satana) nel rappresentare la coppia angelica, si separa poi da Satana e dagli angeli che operano la scissione da Dio, rimanendo invece fedele a Lui, mentre Satana e le sue schiere precipitano negli Inferi.

Nella tradizione popolare, quindi, è considerato il difensore del popolo di Dio e il vincitore nella lotta del bene contro il male. Non è un caso che San Michele sia raffigurato in diverse chiese o in cima a campanili.
In Oriente, è venerato con il titolo di “archistratega”, che corrisponde al titolo latino di princeps militiae caelestis (principe delle milizie celesti) .

Per questa virtù guerriera e difensiva, San Michele è stato proclamato patrono e protettore della Polizia di Stato da papa Pio XII il 29 settembre 1949 in omaggio alla “lotta” che il poliziotto combatte tutti i giorni al servizio dei cittadini e per tutelare e proteggere l’ordine pubblico, l’incolumità delle persone.. Più di 60 località italiane, tra le quali Caserta, Cuneo, Alghero, Albenga e Vasto, lo venerano come Santo patrono, ma S. Michele, oltre che della Polizia di Stato, è protettore di molte altre categorie di lavoratori: farmacisti, doratori, commercianti, fabbricanti di bilance, giudici, maestri di scherma, radiologi. Si affidano a lui anche i paracadutisti d’Italia e di Francia.

Patrono della Polizia
Ogni anno, per festeggiare il suo Patrono, la Polizia di Stato organizza diverse iniziative. C’ è anche la preghiera del poliziotto dedicata proprio a San Michele Arcangelo.

Ecco il testo:

Oh! San Michele Arcangelo, nostro celeste Patrono, che hai vinto gli spiriti ribelli – nemici della Verità e della Giustizia – rendi forti e generosi, nella reverenza e nell’adesione alla Legge del Signore, quanti la Patria ha chiamato ad assicurare tra i suoi cittadini concordia, onestà e pace affinché – nel rispetto di ogni legge – sia alimentato lo spirito di umana fraternità . Per questo, imploriamo dal tuo Patrocinio rettitudine alle nostre menti, vigore ai nostri voleri, onestà agli affetti nostri, per la serenità delle nostre case, per la dignità della nostra terra! Amen


Cosa significa il titolo di “arcangelo”?

Oltre a San Michele, la Chiesa ricorda nello stesso giorno gli arcangeli Gabriele e Raffaele. La Bibbia rivela le specifiche missioni di ognuno: Michele avversario di Satana, Gabriele annunciatore e Raffaele soccorritore. Prima della riforma del 1969 si ricordava in questo giorno solamente san Michele arcangelo in memoria della consacrazione del celebre santuario sul monte Gargano a lui dedicato. Il titolo di arcangelo deriva dall’ idea di una corte celeste in cui gli angeli sono presenti secondo gradi e dignità differenti. Gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele occupano le sfere più elevate delle gerarchie angeliche. Queste hanno il compito di preservare la trascendenza e il mistero di Dio. Nello stesso tempo, rendono presente e percepibile la sua vicinanza salvifica.


Quali sono le loro funzioni?

La Sacra Scrittura indica le particolari missioni degli Arcangeli: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente. In particolare Michele (“Chi è come Dio?”) è l’ arcangelo che insorge contro Satana e i suoi satelliti (Gd 9; Ap 12, 7; cfr Zc 13, 1-2), difensore degli amici di Dio (Dn 10, 13.21), protettore del suo popolo (Dn 12, 1). Gabriele (“Forza di Dio”) è uno degli spiriti che stanno davanti a Dio (Lc 1, 19), rivela a Daniele i segreti del piano di Dio (Dn 8, 16; 9, 21-22), annunzia a Zaccaria la nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 11-20) e a Maria quella di Gesù (Lc 1, 26-38). Raffaele (“Dio ha guarito”), anch’ egli fra i sette angeli che stanno davanti al trono di Dio (Tb 12, 15; cfr Ap 8, 2), accompagna e custodisce Tobia nelle peripezie del suo viaggio e gli guarisce il padre cieco. La Chiesa pellegrina sulla terra, specialmente nella liturgia eucaristica, è associata alle schiere degli angeli che nella Gerusalemme celeste cantano la gloria di Dio (cfr Ap 5, 11-14; Conc. Vat. II, Costituzione sulla sacra liturgia, «Sacrosanctum Concilium», 8).


perché si festeggia il 29 settembre?

Il culto dell’arcangelo Michele è di origine orientale. L’imperatore Costantino I a partire dal 313 gli tributò una particolare devozione, fino a dedicargli il Micheleion, un imponente santuario fatto costruire a Costantinopoli. La prima basilica dedicata all’arcangelo in Occidente è quella che sorgeva su di un’altura al VII miglio della Via Salaria, ritrovata dalla Soprintendenza archeologica di Roma nel 1996; il giorno della sua dedica, officiata con ogni probabilità da un papa prima del 450, ovvero il 29 settembre, è rimasto fino ad oggi quello in cui tutto il mondo cattolico festeggia “San Michele”. La basilica “in Septimo” fu meta di pellegrinaggi fino al IX secolo, quando il riferimento geografico della festa del 29 settembre risulta trasferito al santuario garganico e alla chiesa di Castel Sant’Angelo a Roma. In Oriente San Michele è venerato con il titolo di “archistratega”, che corrisponde al titolo latino di princeps militiae caelestis (principe delle milizie celesti) che compare nella preghiera a San Michele.

L’apparizione sul gargano e la diffusione del culto in Europa
Alla fine del V secolo il culto si diffuse rapidamente in tutta Europa, anche in seguito all’apparizione dell’arcangelo sul Gargano in Puglia. Secondo la tradizione, l’arcangelo sarebbe apparso a san Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto l’8 maggio 490, ed indicatagli una grotta sul Gargano lo invitò a dedicarla al culto cristiano. In quel luogo sorge tutt’oggi il santuario di San Michele Arcangelo – Celeste Basilica (nel mezzo del nucleo cittadino di Monte Sant’Angelo), che nel Medioevo fu meta di ininterrotti flussi di pellegrini, i quali per giungervi percorrevano un percorso di purificazione lunga la Via Francigena.

San Michele nell’Islam
Il nome di Mīkāʾīl (in arabo: ميخائيل‎), o Mīkīl (in arabo: ﻣﻴﻜﻴﻞ‎), è citato nel Corano alla sura II, versetto 98. È indicato come di pari rango rispetto a Jibrīl (Gabriele). Secondo la tradizione, assieme a quest’ultimo, avrebbe provveduto a istruire il profeta Maometto e, secondo un’altra tradizione, sua caratteristica sarebbe quella di non ridere mai.

CARRARA RICORDA GIORGIO RIGHETTI- PARACADUTISTA CADUTO IN SOMALIA NEL 1993

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Pubblichiamo in ritardo – scusandoci con i lettori e con la Famiglia– la notizia del ricordo del Paracadutista Giorgio Righetti, .

ANPDI CARRARA e la Città rappresentata dal Sindaco, hanno ricordato lo scorso fine settimana il caporale dei paracadutisti scomparso 24 anni fa mentre si trovava in missione in Somalia. Righetti fu ucciso da cecchini assieme al paracadutista Rossano Visioli all’interno del porto nuovo di Mogadiscio. Righetti fu insignito della medaglia d’oro al valore dell’esercito. Al cimitero di Turigliano e durante una Santa messa alla chiesa della Santissima Annunziata di Marina, l’ANPDI di Carrara, che mnon dimentica mai di organizzarne il ricordo, e le associazioni d’arma si sono riunite nsieme ad autorità civli e militari.

Nato im Cile, Giorgio Righetti era arrivato a Marina assieme alla famiglia e nel 1992. Per andare in missione chiede di prolungare la leva con il grado di caporale, nel maggio 1993. La sera del 15 settembre 1993, mentre stava correndo all’interno del Porto Nuovo di Mogadiscio, sede del reparto logistico delle truppe italiane, è rimasto vittima di alcuni cecchini appostati su un’altura adiacente. Nel 1995 la medaglia d’oro al valore dell’Esercito recita:

«Caporale Paracadutista facente parte del contingente militare italiano «Ibis» impegnato nella operazione umanitaria Onu di «Peace Keeping» in una situazione operativa altamente rischiosa spesso si offriva volontario per operazioni di rastrellamento per ricerca e confisca di armi e per scorta a convogli. Durante la sua permanenza in Somalia ha sempre assolto con zelo, professionalità e spirito di sacrificio i compiti assegnatigli meritando sempre il consenso dei propri superiori e la ammirazione dei commilitoni. Mortalmente ferito, immolava la sua giovane vita per un ideale di pace e di solidarietà fra i popoli. Chiarissimo esempio di soldato che ha dato lustro all’Esercito Italiano, facendogli riscuotere unanime ammirazione dalle Forze Armate Internazionali impiegate in Somalia».

FACEVA PARTE DELLA compagnia aviolanci e manutenzione,in Somalia si occupava di Logistica e servizio scorte
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NOTIZIA DAI PARACADUTISTI FRANCESI a cura di Antonello Gallisai

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PARIGI- Sei giorni dopo l’annuncio della sua morte, il Ministero della difesa francese ha finalmente comunicato l’identità del sottufficiale del 13 ° Reggimento Dragoni Paracadutisti , “ucciso in combattimento” nella zona dell’Iraq / Siria, presumibilmente nel settore Raqqa , in Siria.
Si tratta di Stéphane Grenier, 34 anni, nato a Caen, che ha trascorso tutta la sua carriera al 13 °. Le sue missioni di intelligence e operazioni particolari lo hanno portato in Bosnia, Costa d’Avorio, Afghanistan, in “Corno d’Africa” ​​nel Sahel e poi nella “zona iracheno-siriana”. Grenier piu’ volte decorato era padre di una bambina

PAU 70 ANNI FA LA SCUOLA DELLE TRUPPE AVIOTRASPORTATE FRANCESI SI STABILI’ A PAU

Divenuta la”casa madre” di tutti i paracadutisti francesi, la famosa scuola che ha
brevettato 700.000 persone celebra il suo 70 compleanno questo giovedì con una grande cerimonia a cui seguiranno diverse manifestazioni.

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CELLE LIGURE: ANPDI SAVONA PROTAGONISTA DELLA TRADIZIONALE PROCESSIONE IN OMAGGIO A SAN MICHELE ARCANGELO

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Celle Ligure 8 Ottobre 2017 ore 15. presso la Chiesa San Michele Arcangelo sita nella omonima piazza avrà luogo la consueta ostensione della opera lignea che ritrae il nostro Protettore. La statua sarà trasportata sulle spalle dei paracadutisti per le vie della cittadina fino al molo per poi fare ritorno all’oratorio dove l’opera del Maragliano è custodita. Il cimento, in passato era a cura degli alpini,ma da diverso tempo invece è divenuto anche l’ impegno dei paracadutisti della Sezione di Savona, suoi protetti. Già dal secondo anno, la Sezione di Savona ha ricevuto il prezioso aiuto della Sezione di Monza ed in seguito Genova La edizione che ci accingiamo a celebrare conterà anche sulla partecipazione dei paracadutisti di Asti. Il Presidente doi Sezione, Fabio Camignani, invita tutti coloro che stanno leggendo questo articolo a partecipare per fornire il loro aiuto

TORONTO: AGLI INVICTUS L’ITALIA PORTA A CASA 9 MEDAGLIE!

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TORONTO- Ieri c’è stata la sesta ed ultima giornata di competizione degli Invictus Games di Toronto (Canada) ed è arrivata la quinta medaglia d’argento siglata dal Ten. Col.Marco Iannuzzi nei 50 metri a stile libero.
Il Ten. Col. Iannuzzi è un pilota in servizio dell’Aeronautica Militare, che ha avuto una lesione spinale lombare durante un tragico incidente di volo nel 2000.

Sempre nell’ultima giornata di gara il medagliere ‘azzurro’ si arricchisce con i due bronzi conquistati nel tiro con l’arco, il primo dal Ten. Col Fabio Tomasulo (AM) nella gara individuale ed il secondo sempre dal Ten. Col Tomasulo, dal Ten. Col. Roberto Punzo (EI) e dal Maresciallo Maggiore Bonaventura BOVE (CC) nella gara a squadre.
Il conteggio delle medaglie si ferma così a quota nove di cui un oro, cinque argenti e tre bronzi per l’Italian Invictus Team.

Il Capo di Stato Maggiore della Difesa , Generale Claudio Graziano, ha espresso il suo compiacimento per quanto ottenuto dal GSPD tramite l’accenno alla poesia “Invictus” dello scrittore Henley: ” Straordinari! Un traguardo che mi inorgoglisce sia come loro Comandante sia come cittadino italiano, la dimostrazione di quanto lo sport sia terapeutico e di quanto questi atleti siano spinti da una grande motivazione e da una determinazione fuori dal comune, si sono dimostrati veri Capitani della loro anima.”

Il Gruppo Sportivo Paralimpico Difesa (GSPD) è stato impegnato dal 23 al 30 di settembre nella terza edizione della gara internazionale paralimpica, il cui promotore e testimonial è il Principe Harry. I giochi sono dedicati ai militari che hanno contratto disabilità permanenti in servizio o per causa di servizio. I 550 atleti provenienti da 17 Nazioni tra cui Stati Uniti, Inghilterra, Olanda, Afghanistan, Estonia, Canada, Australia, Italia, Romania, Ucraina, Iraq si sono sfidati in dodici discipline, mentre sette sono quelle in cui si sono cimentati gli atleti del GSPD: uno di squadra (rugby) e sei individuali (nuoto, tiro con l’arco, atletica, ciclismo, golf e rowing).

SETTEMBRE 2017- IL GIORNALE CONGEDATIFOLGORE.COM TOTALIZZA 475MILA VISITE E 337MILA SINGOLI IP

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Usage Statistics for congedatifolgore.com

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COME LEGGERE LE STATISTICHE

Files
Sono le richieste fatte al server generano una risposta che è la visualizzazione di una pagina html o grafica oppure una immagine. Quando questo accade il numeratore lo registra come file erogato. Il rapporto tra ‘hits’ e ‘file’ va inteso come ‘ richieste in entrata’ e ‘risposte in uscita’ e forniscono una idea del volume di utenti in linea.

Pagine-Pages
Si tratta delle pagine viste.
Qualsiasi documento HTML è considerato una pagina. Le pagine del nostro sito sono tutte uniche e tutte in HTML. Il conteggio non include quello che è presente all’interno del documento già in HTML (immagini grafiche, clip audio). Nel rullo delle notizie oppure in prima pagina, ad esempio, includiamo molte foto, ma il conteggio riguarda solo la “videata” principale e non le rotazioni successive oppure i documenti allegati all’interno della notizia riquadrata nel box delle news o nel box di prima pagina.

Siti Unici – Unique sites
Ogni richiesta fatta al server proviene da un unico ‘luogo’ ovvero da un indirizzo IP. Il numero generato dai “sites” indica quanti indirizzi IP unici hanno fatto la richiesta al server durante il periodo di riferimento. Questo dato mostra solo per difetto il vero numero di singoli utenti (persone reali) che ci hanno visitato, perchè dietro un “site” ci sono -ad esempio- reti multiutente ( grosse aziende, istituzioni pubbliche quali ministeri etc) che sono “battezzate” con lo stesso IP, oppure motori di ricerca che dirottano il visitatore sul nostro sito, il quale “traccia” un solo indirizzo, che è quello del service provider o del server di servizio al centro o alla istituzione.

Visite- Visits
Si chiama visita il contatto che visualizza le nostre pagine e che viene effettuato con una richiesta al nostro server proveniente da un indirizzo IP (Sito). Abbiamo chiesto di tarare il nostro server per considerare come unica visita tutti i contatti da stesso IP che avvengono entro 45 minuti dalla prima visita. Come per il valore precedente, può accadere che da una rete ci siano connessioni/visite multiple contemporanee che sono conteggiate come singola unità. Ecco spiegato perché il numero di visite è talvolta superiore a quello dei singoli IP.

KBytes
Il KBytes (kilobyte) è l’unità di misura dello scambio dati in internet e indica quanti “dati” sono stati lavorati dal nostro server. Si tratta di una misura accurata della quantità di traffico in uscita dal server e che -analizzato incrociando altri dati ( visits e sites)- conferma indirettamente il numero indicato di visitatori.

Unique referrers

visitatori che arrivano al sito usando link presenti in altri siti.

Unique user agent
le tipologie e sottotipologie di browsrer usati sia dai singoli che dai motori di ricerca , ivi inclusi quelli che hanno come oggetto la “lettura” dei siti per la loro indicizzazione.-

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PARACADUTISMO ANPDI: A BIELLA PRECISIONE CON ALA – A REGGIO CON PARACADUTE TONDO

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PARMA- Sono in corso a  Biella e Reggio Emilia due  campionati di paracadutismo.  Nella città piemontese si tratta di quelli di precisione in atterraggio  ( in caduta libera)  con tutti i campioni  militari e civili reduci da coppa del mondo e gare  europee, mentre a Reggio Emilia si soci ANPDI si cimentano  con fune di vincolo, purtroppo disturbati da   pioggia e nuvole basse. Gli organizzatori sono la sezione ANPDI  di Biella e la scuola di Paracadutismo di Como presso la BFU.

A Biella l’elicottero  lancia sopra lo stadio.

Pubblicheremo più tardi   i piazzamenti

 

 

 

EL ALAMEIN: GLI EGIZIANI ORGANIZZERANNO LA CERIMONIA PER IL 75mo DELLA BATTAGLIA

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IL GOVERNO EGIZIANO PREFERISCE GLI INGLESI
Brutte notizie da El Alamein: la cerimonia del 75mo della Battaglia sarà organizzata , per la prima volta, dal governo egiziano e sarà tenuta presso il Sacrario del Commonwealth. La mattina del giorno 21, quindi, non ci sarà alcun evento solenne “italiano”, come originariamente programmato, ma presumibilmente solo un sobrio ricordo nel pomeriggio, al Sacrario .
Ma le brutte notizie non sono finite: non sarà possibile correre nemmeno la VI staffetta per i Leoni della Folgore, come previsto dal Progetto E Alamein d’intesa con la Ambasciata ed il Cerimoniale, perchè il 21 Ottobre, data della cerimonia del 75mo, ci sarà anche il Presidente Al Sissi. La sua presenza ha generato la rigidissima blindatura dell’intera area. Sono già in corso accuratissime ispezioni, pulizie, lavori di sistemazione e posti di blocco concentrici per “sterilizzare” l’intera città e diversi chilometri di litoranea.
Il presidente egiziano si fermerà in zona fino al 25 Ottobre per la inaugurazione della neonata “EL ALAMEIN CITY”, ovvero zona ad alta intensità turistica, dfa qualche anno oggetto di profondi cambiamenti.

LA FIACCOLA DELLA STAFFETTA SARA’ UGUALMENTE ACCESA

Nonostante il drastico cambio di programma, una parte della Cerimonia a cura del Progetto El Alamein e adottata dal Cerimoniale dell’Ambasciata , avrà luogo. I Leoni della Folgore Giuseppe De Grada e Carlo Murelli, invitati da SMD, accenderanno ugualmente il braciere delle tradizioni, usando la Fiaccola che per cinque volte ha percorso l’intero Fronte della Battaglia nelle mani dei Tedofori Paracadutisti. Non è stato ancora deciso dove, se al Commonwealth oppure al Sacrario, anche se pensiamo sarà scelto il sagrato italiano.

IN CORSO LA XXI MISSIONE DEL PROGETTO EL ALAMEIN
Il professor Bondesan e quattro laureandi in scienze museologiche sono in questo giorni ad El Alamein per l’ ultimo sopralluogo al Sacrario, prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione profonda del Museo del Sacrario, che inizieranno a giorni, non appena la convenzione tra Università di Padova -Progetto El Alamein- e Onorcaduti SMD, sarò perfezionata.
Questione di giorni. Vi terremo al corrente.

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BIELLA- CAMPIONATI NAZIONALI ANPDI DI PRECISIONE. CARABINIERI MOLTO SODDISFATTI

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BIELLA- Risultatio eccellenti per il gruppo sportivo Carabinieri.

ORO Juniores per Gianluca Bibbiani

ARGENTO a squadre per il team Cs Carabinieri

BRONZO assoluto per Marco Pizziconi

BRONZO Juniores per Francesco Bibbiani
Si tratta di un risultato importante, che conferma il trend positivo di crescita del gruppo di atleti dell’Arma, in chiusura di un anno agonistico contornato da altri ottimi risultati.
Il lavoro da fare in vista degli appuntamenti dei prossimi anni resta ancora tanto, ma l’eccellente andamento attuale è un più che incoraggiante punto di partenza.
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LA SEZIONE ANPDI DI MONZA ANNUNCIA LA SCOMPARSA DEL SOCIO DECANO NINO BOSSI

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La sezione ANPD’i  di Monza piange la scomparsa del Paracadutista

Antonio Bossi

meglio conosciuto come “Nino”, classe 1933, S.ten. presso l’8° Rgt Bersaglieri della Divisione “Ariete” a Pordenone ove il suo Comandante era l’ allora Capitano  Mario Chiabrera, quest’ultimo  entrato a far parte della “Folgore” fino a ricoprirne il ruolo di vice-comandante.
Congedatosi ha iniziato ad avvicinarsi al paracadutismo effettuando il suo 1° lancio nel 1959 a Linate e nella sua lunghissima carriera ha ricoperto per molti anni il ruolo di Istruttore di Paracadutismo ANPd’I presso la sezione di Milano, è stato Direttore di Lancio a Venegono e Bresso e Direttore della scuola stessa.
Una volta attaccato (come diceva sempre lui) il “paracadute al chiodo” con ben 2112 lanci all’ attivo, e trasferitosi a Monza, ha iniziato a frequentare la nostra sezione diventando un esempio e una vera e propria “guida spirituale” per tutti i ragazzi che si apprestavano a frequentare i corsi e diventare Paracadutisti.
Sempre presente alla cerimonie e alle serata associative, di lui conservano un caro ricordo tantissimi paracadutisti in tutta Italia in particolare il nostro “folgorino” Carlo Murelli che ha già annunciato la sua presenza alle esequie.
Con la sua scomparsa se ne va una parte di storia del Paracadutismo Italiano e un vero amico e Camerata, una di quelle persone che. non si dimenticano !

PORDENONE E LA DIFESA SALUTANO I CARRISTI D’ITALIA

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Difesa: Sottosegretario Rossi con i carristi a Pordenone per il raduno nazionale

Pordenone, 1 ottobre 2017. La città di Pordenone ha visto sfilare questa mattina tra le vie del centro i carristi in servizio e quelli in congedo giunti da tutte le regioni d’Italia nel capoluogo friulano per il 24esimo raduno nazionale e celebrare il 90esimo anniversario della specialità.

Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, Domenico Rossi, in rappresentanza del Dicastero, nel suo intervento ha sottolineato “la continua vicinanza della Regione Friuli Venezia Giulia alle Forze Armate e la sensibilità del Presidente Debora Serracchiani che con la sua presenza ha testimoniato ancora una volta la sensibilità di questa terra verso i valori propri degli uomini e donne con le stellette ”.

“Non può esserci sviluppo sociale se non c’è sicurezza e non può esserci sicurezza senza le nostre Forze Armate. I carristi sono impiegati nelle missioni internazionali e nell’operazione Strade Sicure a difesa dei valori della libertà, della democrazia e della pace”, ha detto Rossi nel suo intervento, “Esiste un legame tra i carristi di oggi e quelli di ieri: il giuramento al Tricolore che contiene valori primari di riferimento ovvero rappresenta la speranza e il futuro del nostro Paese”.

Il Sottosegretario Rossi, rivolgendosi poi al Presidente Nazionale dell’Associazione carristi Salvatore Carrara, ha espresso apprezzamento per l’organizzazione del raduno e sottolineato l’importanza di tutte le Associazioni che “confermano la loro vitalità e rappresentano un importante elemento di coesione sociale e scuola attiva di solidarietà, in una società dove la crisi di valori è ancor più forte di quella economica”.

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ESERCITO/PROTEZIONE CIVILE: SE NE PARLA AL SEMINARIO CIMIC

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10° Forum internazionale dei comandanti delle Unità specializzate in cooperazione civile-militare della Nato, organizzato dal Multinational Cimic Group di Motta di Livenza (Tv) su delega del Supreme Headquarters Allied Powers Europe.

PIU’ AIUTI UMANITARI PIU’ SOCCORSI AI CLANDESTINI E MENO ARMI
Una girandola di frasi ad effetto come ” In un’epoca nella quale le minacce cosiddette asimmetriche preoccupano più dei conflitti armati sviluppati in maniera convenzionale e nella quale “vincere la guerra è più facile che vincere la pace”, gli esperti di cooperazione civile-militare (Cimic) hanno voluto fare il punto della situazione, tentando d’individuare nuove risposte agli inediti scenari operativi attuali e del prossimo futuro.

L’evento ha riunito 19 paesi , per 49 inviati.

L’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare e poi della Difesa Vincenzo Camporini ha auspicato che le unità militari Cimic possano formare il personale delle Ong per collaborare alle gstione della immigrazione.

Camporini, attuale vice presidente dell’Istituto affari internazionali, ha sottolineato l’importanza e la necessità di conoscere profondamente i costumi, le tradizioni, la cultura e, più in generale, l’ambiente in cui le unità e gli specialisti Cimic devono operare sviluppando la capacità d’interagire con le molteplici e diversificate entità civili presenti nel teatro d’operazioni,

Il Multinational Cimic Group fornisce attualmente uomini e mezzi in tutte le principali missioni che vedono impegnati contingenti italiani, dal Libano al Kosovo, dall’Afghanistan alla Somalia e per l’Operazione Eunavformed Sophia, di contrasto alle rotte dei trafficanti di esseri umani

COME TI TRASFORMO UNA PORTAEREI IN UN CIRCO , UNA MOSTRA ED UN OSPEDALE GALLEGGIANTE

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La portaerei Cavour ha trovato il suo ruolo, finalmente.Non potendo far decollare aerei che vanno a fare il loro lavoro,perchè sono “cattivi”, nè potendo ospitare truppe aggressive pronte allo sbarco, viene utilizzata volta per volta per i campionati di tiro al piattello ( è vero!!! cercate su google), oppure per far scorazzare gli sgrammaticati “dottori” del motociclismo, oppure, meglio, diventa sala operatoria.
La costosissima nave fece dapprima un giro inaugurale come mostra mercato viaggiante fino in Africa e Medio Oriente, portando stand di produttori di “made in Italy”, poi è stata impiegata come nave cargo per trasportare aiuti umanitari. Poi per far partorire signore nigeriane che hanno trovato comodo abbandonare il loro paese insieme ad altro mezzo milione di traditori della nazione ( la propria) , al nono mese per essere “salvati” e fare belle foto ricordo con l’intero equipaggio che si passava il pargoletto ” niro niro”.
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Ora è la volta di “Un mare di sorrisi”, il progetto nato dalla collaborazione tra la Marina Militare e i medici volontari della fondazione “operation smile Italia onlus”, con l’obiettivo comune di aiutare bambini e adulti affetti da labiopalatoschisi, e da malformazioni o esiti di malformazioni della testa e del collo. Le operazioni chirurgiche avvengono sulla nave Cavour della Marina italiana, dotata di due sale operatorie attrezzate, una terapia intensiva e una sala degenza. Sia i pazienti che i loro familiari vengono accolti e ospitati a bordo della portaerei.
Evidentemente in Italia gli ospedali non sono più affidabili. Meglio usare la portaerei. Non so se complimentarmi con la Marina oppure fare ispezioni “cattive” alle centinaia di ospedali che volta per volta vengono spacciati come tana di topi oppure eccellenze che tutto il mondo ci invidia.


PORDENONE- PRIMA EDIZIONE DEL ROMMEL TRAIL ( NOTTURNO)

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64 chilometri con circa 2500 metri di dislivello positivo sui sentieri percordi da Erwin Rommel nella prima guerra mondiale

CHIEVOLIS – PORDENONE – Il 27 e 28 ottobre si correrà un trail lungo i sentieri interessati dal passaggio di Rommel nella Prima Guerra Mondiale.nel 20’16 ci fu il “numero zero”.
E’ anche la prima edizione in ricordo del centesimo anniversario della battaglia di Forcella Clautana combattuta il 7 novembre del 1917. A questa battaglia di retroguardia presero parte gli arditi del XVIII° reparto d’assalto, la 34°- 35° e 36° compagnia alpina del battaglione Val Susa, due compagnie di bersaglieri, con 6 cannoni da montagna. Sull’altro fronte la Jager Division e un Battaglione di Shutzen, al comando dell’allora sconosciuto Tenente Erwin Rommel.

Lo scopo di questa manifestazione è ricordare quel tragico evento, aumentando la conoscenza e valorizzazione dei luoghi.
Il percorso del Trail, che in parte si svolgerà all’interno del Parco delle Dolomiti Friulane, consentirà di toccare alcuni dei più suggestivi tratti dell’area percorsa dalle Truppe del generale Rommel che costituiscono a oggi una delle zona a più alto tasso di Wilderness d’Europa, dando all’evento sportivo e culturale una taratura internazionale.
La ERT Rommel Trail è una gara di 64 chilometri con circa 2500 metri di dislivello positivo che si corre su piste forestali, strade, sentieri con partenza da Vito d’Asio frazione Pielungo – località Castello Conte Ceconi e arrivo a Claut nella centralissima Piazza San Giorgio, attraversando il territorio di sei comuni: Vito d’Asio, Clauzetto, Meduno, Tramonti di sotto, Tramonti di Sopra e Claut.

Oltre alla gara lunga è stata inserita una competizione su un tracciato più breve. Saranno 34 i chilometri da percorrere lungo i sentieri della parte finale del Rommel Trail, Il Gran Premio della montagna sarà sulla Forcella Clautana a quota 1495 ( totale D+1500) . Il tracciato, partirà alle 9:30 dalla piazza di Chievolis e passerà per Col Colon (quota 1569mt), forcella Clautana e poi si scende attraversando il Pradut, sede nel 2011 dei Mondiali di Sci Alpinismo.

INFORMAZIONI

OGGI SPOSI di Marco Bertolini

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Pubblichiamo uno scritto del generale di corpo d’Armata ( ausiliaria) Marco Bertolini. Lo stile è quello di sempre: arguto, pungente, amaro. Un articolo che ci spinge a riflettere e che genera amarezza, ahinoi!
Nota della redazione: le sottolineature in neretto sono state fatte dal nostro giornale.

OGGI SPOSI

Il Tenente fu inflessibile e Sergio venne punito. Infatti, si era fatto accompagnare dalla fidanzata fino all’ingresso dell’Accademia al rientro dalla libera uscita, congedandosi da lei con un bacetto a fior di labbra che aveva fatto tremare le colonne del Sacro Portone.

Non si trattava di una di quelle ispezioni laringofaringee sbavate nelle finte effusioni delle fiction della TV di Stato, in prima serata obviously, ma era stato comunque sufficiente a giustificare la proibizione per gli Allievi del 154° Corso di farsi riaccompagnare da donne, fossero anche le madri, ad una distanza inferiore i 100 metri dall’Istituto di Modena.

Che risate per quell’ukase che se ne sbatteva del buon senso e di quello del ridicolo. Sergio stesso rielaborò facilmente l’incazzatura per la consegna subita con una scrollata di spalle e uno sghignazzamento in compagnia. Tanto, il tempo passa e con esso la consegna finisce.

Ma non c’era niente da fare e in fin dei conti ci andava bene così. Nello scorso millennio il decoro dell’uniforme doveva essere messo al riparo da gelati da passeggio avidamente slinguazzati, da borse della Coop faticosamente trascinate, da panini alla mortadella azzannati strada facendo nell’incarto bisunto del droghiere, da mano nella mano con la morosa di turno: invece, mano sinistra allo spadino e mano destra rigorosamente libera e inguantata, pronta a salutare o a rispondere al saluto! E non c’era modo per i mancini, che non mancavano, di fare il contrario! Era una cattiva abitudine che poi ci siamo portati dietro anche ai reparti, chi più e chi meno, e che ci avevano insegnato a declinare col termine “stile”. Un termine altezzoso, se volgiamo, e impegnativo. Ma grande.

Sergio se n’è andato qualche anno fa, lasciando la stessa fidanzata di allora – poi sposa – con due figli ormai grandi e sistemati. La punizione non aveva rotto il loro rapporto, anzi, e in un’epoca nella quale non c’era TAR che tenesse per farla annullare, non aveva avuto problemi a digerirla facendola anzi diventare parte di quell’anedottica con la quale in caserma cercava di lasciare un segno di umanità e una testimonianza di serena accettazione della disciplina ai suoi soldati.
Chissà perché è sempre a Sergio che penso quando vedo le immagini di Ufficiali o Sottufficiali delle Forze Armate, rigorosamente in uniforme da cerimonia, mentre “sposano” il proprio fidanzato dello stesso sesso (dello stesso sesso!).

Mi è successo in tre occasioni nell’ultimo anno, sfogliando qualche rivista o occhieggiando qualche ammiccamento ridanciano di What’s Up, e in tutte mi è sorta spontanea la domanda di come lui commenterebbe oggi la punizione ricevuta quasi mezzo secolo fa per un “attentato” al decoro dell’uniforme che impallidisce di fronte a queste nuove ed evolute manifestazioni di umanità varia. Non ho bisogno di scomodare gli Alpini di Nikolajevka, le Penne di Falco del Ten.Togni, i fanti grattuggiati sul Carso un secolo fa, i paracadutisti e i carristi di El Alamein, gli uomini Gamma di Alessandria o gli aersiluranti di Faggioni per precipitare in un abisso di sgomento. Mi basta Sergio coi suoi due o tre giorni di consegna per provare una rabbia inestinguibile per come questo sedicente progresso non ti dia il tempo di toglierti di torno prima di produrre le sue aberranti rivoluzioni.

E’ così che mi domando: avranno chiesto il permesso a qualcuno per “convolare a nozze”? Ci sarà un telegramma di qualche Comandante di Brigata o Divisione che augura una vita felice e tanti figli agli sposi novelli? Avranno invitato il Comandante della propria Nave o il Comandante di reggimento alla “cerimonia”? I colleghi gli/le avranno fatto il “ponte di sciabole”? Avranno preparato una lista di nozze e i loro soldati avranno fatto una colletta per comprargli/le la Rowenta e il Folletto? Come si presenteranno a loro, a questi ultimi, finita la “Luna di Miele” (!)? E come questi ultimi considereranno questa loro smania di dare una così singolare pubblicità alla stessa uniforme che essi stessi indossano?
E infine: immaginavano i fantasiosi legislatori, molti dei quali sedicenti “cattolici”, questo risultato? E soprattutto: gliene frega qualcosa?

In Accademia mezzo secolo fa eravamo il piccolo spaccato di un’umanità declinata al maschile assoluto, perennemente assonnata, affamata ed arrapata. Lo stesso nelle caserme nelle quali passava il tempo la nostra naja, tra una lezione di addestramento formale, una di regolamenti ed una corvè ai cessi; la domenica mattina, Messa obbligatoria.
Ma eravamo figli e nipoti di generazioni che avevano fatto la guerra e che sapevano dare al termine “onore” significati che oggi si sono persi.
E, come conseguenza, noi stessi ci siamo persi. Ci siamo persi lasciando che il piano inclinato sul quale slitta il nostro amor proprio e l’orgoglio per quello che le nostre uniformi rappresentano diventasse sempre più ripido. E sempre più veloce il precipizio.
Ci siamo persi rinunciando a considerare un valore la virilità delle nostre scelte giovanili per sostituirla con una passiva arrendevolezza a una società irrecchionita fino al midollo.

Ci siamo persi cammuffandoci da strumento buono per ogni emergenza, dalla pulizia delle strade di Napoli al piantonamento delle stazioni della metrò, facendo finta di dimenticare che siamo invece il frutto dello scandalo inestinguibile della guerra: quella che orbita pericolosamente attorno a noi, sulle sponde del nostro mare e che se ne sbatte se riteniamo spocchiosamente di averla abolita per legge. Ci siamo persi trasformando la nostra missione, il nostro dovere, in un diritto, in un’opportunità per tutti, belli e brutti, magri e grassi, buoni e cattivi, tosti e asfittici. Ci siamo persi, infine, quando abbiamo smesso, disperati, di indignarci nei confronti di chi svillaneggia quello da cui veniamo in nome di una libertà falsa e volgare, magari travestendosi da noi senza però avere lo stesso sangue blu che scorre nelle nostre vene.
Urge una bussola.

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MOSUL- SPETTACOLARE LAVORO IN ALTEZZA DA PARTE DEGLI GLI ALPINI IN ASSISTENZA AGLI INGEGNERI AMERICANI

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Nei giorni scorsi, presso la Diga di Mosul, si è conclusa una complessa attività di verifica dei lavori di ricostruzione di un ponte, condotta da una squadra di alpinismo della Task Force “Praesidium” a favore del personale del US Army Corps of Engineers (il Corpo ingegneri dell’Esercito statunitense).
Un team di istruttori e comandanti di squadra soccorso del 3° reggimento alpini, hanno collaborato con alcuni tecnici militari USA, realizzando sotto la sede stradale che percorre la sommità della infrastruttura idraulica un complesso passaggio aereo a doppia corda, lungo oltre 30 metri. Il lavoro è servito a verificare e valutare lo stato dei lavori eseguiti e il livello di sicurezza complessivo della struttura.
Il ponte, posto sopra il canale di scarico utilizzato per fornire il rilascio controllato dei flussi della diga in caso di piene era stato danneggiato nell’agosto del 2014. Fu successivamente riparato, ma le caratteristiche costruttive della struttura e l’altezza da terra avevano impedito la completa verifica della parte inferiore e la conseguente omologazione definitiva.
Il team del 3° reggimento ha operato per realizzare e mettere in sicurezza il passaggio aereo, usando tecniche e procedure tipiche delle truppe da montagna, ma in un contesto ambientale diverso. Ciò a conferma della completa adattabilità e della duplicità di impiego delle procedure militari.
L’Italia partecipa con la Missione Prima Parthica, secondo contributore dopo gli USA, all’Operazione “Inherent Resolve” di contrasto al terrorismo internazionale con 1500 militari appartenenti a tutte le Forze Armate, impiegati nelle sedi di Baghdad e Erbil nell’addestramento delle Forze di Sicurezza curde (Peshmerga) ed irachene. Inoltre, con un Task Group aeromobile dislocato presso l’aeroporto di Erbil, assicura a tutta la Coalizione, la capacità di Personal Recovery (PR) nel quadrante settentrionale del teatro iracheno.
Nell’ambito di tale missione, la Task Force “Praesidium”, con i suoi 500 uomini e donne dell’ Esercito italiano, garantisce la sicurezza al sedime della diga dove la ditta italiana TREVI SPA sta operando per mettere in sicurezza l’infrastruttura idraulica e scongiurarne il rischio di una catastrofe ambientale.

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TRIESTE: PèRESENTATO IL LIBRO PER I 50 ANNI DELLA SEZIONE ANPDI

NOTIZIE DALLA XXI MISSIONE DEL PROGETTO EL ALAMEIN

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EL ALAMEIN- La missione in corso a El Alamein vede la partecipazione di alcune laureande in Progettazione e Gestione del Turismo Culturale dell’Università di Padova. Le studentesse elaboreranno una tesi dal titolo “il riallestimento della Sala dei Cimeli del Sacrario Militare Italiano” , che potrebbe diventare il “Museo Storico Militare” del Sacrario, secondo le speranze del SIGGMI.
Sono accompagnate dal relatore Aldino Bondesan e da Alicia, socia Siggmi ed esperta di grafica, in accordo con il Commissariato Generale Onoranze ai Caduti in Guerra.
All’arrivo a El Alamein il gruppo di lavoro ha condotto le visite di studio al Museo Internazionale della Battaglia di El Alamein, al Sacrario Militare tedesco e al Cimitero del Commonwealth.
Per due giorni si sono tenute sessioni di lavoro al Sacrario Italiano. Il centro abitato sta cambiano rapidamente, al punto che sono state costruite perfino due tangenziali a tre corsie per senso di marcia, mentre proseguie sfrenata la cementificazione della costa e del primissimo entroterra,
Il primo risultato del lavoro universitario è la elaborazione di un progetto preliminare , potendo esaminare direttamente sul posto la collezione dei cimeli, la disposizione dei pannelli e l’organizzazione delle teche e delle bacheche. Come sempre ,anche questa sessione di studio è stata possibile grazie alla collaborazione del Direttore Mar. Antonio Cardinale e dello staff locale che ci ha messo a disposizione.
Durante la visita al Museo militare internazionale gestito da un reparto militare egiziano con cui il progetto ha iniziato ad intrattenere rapporti dalla precedente missione di Marzio, è stata richiesta la collaborazione del Progetto EL Alamein per la descrizione di parte del materiale esposto e la definizione delle insegne da dipingere sui carri e sui veicoli italiani e tedeschi posti all’esterno dell’edificio.
Si tratta di lavori di abbellimento, ripristino e restauro in occasione della cerimonia di celebrazione del 75° anniversario da loro organizzata il 21 Ottobre peossimo, alla quale parteciperà il Presidente della Repubblica Araba d’Egitto. In attesa di questa importante visita, i gestori del Museo stanno procedendo alla totale riorganizzazione del museo, sia interna che esterna.
La missione, proseguirà al Cairo con i colleghi dell’Università di Sadat City. Inutile dire che le attività sono state pèroficue ed assai produttive e consentiranno di affrontare al meglio la progettazione del nuovo museo di cui il Progetto El Alamein si è fatto carico, d’intesa con Onorcaduti, ovvero la struttura dello Stato Maggiore Difesa che sovraintende a tutti i sacrari italiani nel mondo.
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