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CAPORETTO E CADORNA

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PARMA- Da un incontro fatto con alcuni alti ufficiali in servizio dell’Esercito mi è nata la curiosità di approfondire due “tabù” della prima guerra mondiale: Caporetto e Cadorna. Ho centinaia di casi ( tutti) che i tormentoni ideati dai manipolatori dell’informazione e della storia e che vengono fatti propri dalla “massa”, sono sempre falsi. Ben lo sanno i combattenti di El Alamein o della RSI. Le polemiche su Caporetto ne sono una ulteriore prova.
I fatti sono noti: il capitano Erwin Rommel che era al comando di una compagnia sul fronte italiano, si trovò nella conca di Caporetto non presidiata. Da lì “sfondarono” e ottennero una vittoria aiutata dai reparti che si arresero.
L’omesso presidio territoriale era di competenza di Badoglio, secondo altri del generale Capello. Il generale Cadorna – ormai già silurato, divenne il capro espiatorio con varie accuse, tra le quali quella di aver scritto e firmato il bollettino annunziante la sconfitta, in cui si accusava le truppe di viltà. Carlo Cadorna ha partecipato ad un convegno di studi storici sulla prima guerra mondiale “Rileggiamo la Grande Guerra” portando documenti che hanno sostanzialmente rivisto le critiche all’operato del Gen. Cadorna sia sul piano organizzativo che su quello strategico. Più articolata delle altre è la analisi della critica al bollettino del 28 ottobre nel quale avrebbe “scaricato sui soldati le proprie responsabilità, infangandone la memoria”.

Dice Carlo Cadorna che “i soldati” non c’entrano: la critica ai reparti che si sono arresi è riferita ai Comandanti. Alcuni reparti della II armata si sono arresi, lo dicono i numeri (tremila morti contro 250.000 prigionieri). Le testimonianze del nemico che non aveva alcun interesse a sminuire il proprio successo, la testimonianza di Leonida Bissolati che ha coniato il termine “sciopero militare”, le testimonianze dei cappellani militari, il fatto che ancora negli anni ’60, le trincee fossero intatte dimsotra che non ci furono ordini di combattimento.Gli ufficiali si arresero.
La guerra poteva essere schivata sempolicemente iscrivendosi alla univrsità. La Accademia militare sfornava 600 comandanti di plotone di 25 anni, ogni corso, ma al fronte c0erano solo ufficiali anziani. La disfatta era nl DNA, se non si sono usate le forze giovani e combattive dell’esercito.

A discarico del Gen. Cadorna va precisato che quei numeri furono gonfiati nei rapporti di alcuni comandi : e, al Comando Supremo, la diserzione appariva di ampie dimensioni. Era quindi naturale che il Generalissimo usasse severamente dell’arte del comando affinchè lo sciopero non dilagasse in tutto l’esercito.

Sul piano politico il suo bollettino fu un errore perché indebolì i nostri rappresentanti nelle trattative con gli alleati che non vollero mischiare i loro reparti con i nostri, temendone il contagio e fornì un argomento forte e gratuito allo schieramento pacifista ed ebbe conseguenze gravi per la carriera del Gen. Cadorna .

Sul piano militare, mettendo su piani diversi e contrapposti i reparti che si sono vilmente arresi da quelli che hanno combattuto valorosamente, ha ben scritto e ben operato.
I risultati dimostrano che con quella sferzata ai reggimenti ancoea saldi, l’Esercito nel suo complesso ha combattuto valorosamente durante tutta la ritirata mantenendosi compatto malgrado la numerosissima presenza di sbandati che invitavano alla diserzione.

Il bollettino fu redatto dal Gen. Porro ed approvato dai ministri Bissolati e Giardino prima di essere sottoposto al Gen. Cadorna il quale lo approvò dimostrando di non aver affatto considerato le probabili conseguenze sul Suo incarico: anche perché si è sempre occupato esclusivamente della sfera militare rivendicandone l’indipendenza dalla politica.

Il Gen. Cadorna , quindi, non ha scaricato le Sue responsabilità; inoltre, poiché i due ministri lo approvarono per primi e non è credibile, essendo politici, che non si rendessero conto delle probabili conseguenze per le prerogative del Comandante Supremo, ne deriva che essi, in mala fede, giocarono un brutto tiro al Gen. Cadorna che, infatti, fu sfiduciato dal Presidente del Consiglio V.E. Orlando. Lo stesso che da ministro dell’interno aveva sempre negato al Comando Supremo le risorse per il benessere dei soldati con un atteggiamento conflittuale.

Il Re approvò il bollettino , ma poi, in perfetto stile savoia, attese i funerali del Generale per inviare i Carabinieri reali a ritirare la lettera. Chi , tra tutti, era quello che guardava in faccia la realtà e non temeva di dire le proprie opinioni?

CADORNA CREDEVA NELLA DISCIPLINA

Il 24 maggio 1915 Luigi Cadorna stabiliva nella sua circolare nr. 1 che: ”Il Comando Supremo vuole che, in ogni contingenza di luogo e di tempo, regni sovrana in tutto l’esercito una ferrea disciplina.”.

Per mantenerla ”si prevenga con oculatezza e si reprima con inflessibile vigore”. Il 28 settembre dello stesso anno, il “Reparto disciplina, avanzamento e giustizia militare” del Comando Supremo, con la circolare 3525, poneva le basi per le fucilazioni sommarie, dettando la procedura per l’intervento di repressione di fronte all’apparire di gravi sintomi di “indisciplina individuale o collettiva nei reparti al fronte”. Al punto terzo delle circolare 3525 era scritto che “… il superiore ha il sacro diritto e dovere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà inesorabile quella dei tribunali militari.”
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